Geometrie organiche

Lo stile architettonico di Zaha Hadid viene comunemente definito come “architettura organica” riferendosi a quella particolarità delle linee architettoniche, care alla Hadid, che si ispirano alle forme rintracciabili in natura sia sotto forma di piante che nella morfologia stessa della terra.
In questa mostra che rientra nel più vasto progetto “Traveling with Zaha” ideato dall’architetto Antonella Iovino e sviluppato da ART1307 Istituzione culturale con la curatela di Cynthia Penna, le artiste Giulia Manfredi e Pilar Soberon hanno ingaggiato un doppio dialogo: quello con la Natura che è proprio di tutta la loro rispettiva produzione artistica, e quello con l’architetta Hadid e con le sue linee “organiche” concepite per gli spazi della stazione ferroviaria AV di Afragola.
La fusione tra tecnologia, architettura e natura pervade l’intera esposizione fatta di fotografie in macro formato che investono le pareti della stazione in un gioco di linee fluide che si susseguono, si rintracciano, si intersecano. E lo spazio nelle quali queste linee vengono immerse, acquisisce una connotazione “naturale”, si espande ulteriormente fino ad immergere lo spettatore in un contesto totalmente naturalistico. Lo spazio perde la sua connotazione di manufatto in cemento per acquisirne altra più vicina ad una atmosfera totalizzante di “luogo” quale punto di fusione tra uomo e natura.
Possiamo parlare di “Geometrie organiche” come delle strutture che emergono da una organizzazione scientifica (talvolta matematica) dello spazio per poi evolversi verso una dimensione fluida che rimanda al regno vegetale o animale.
Le linee geometriche della struttura architettonica di Zaha Hadid si confondono e si fondono con quei rami e quelle foglie contenuti nelle fotografie di Manfredi e Soberon che si sviluppano lungo le pareti della stazione ferroviaria: forme sinuose, intrecci di fogliame, grovigli di radici, rami che si intersecano e piccoli corpi vegetali che si affacciano alla vita. Questa è la Natura di Giulia Manfredi e di Pilar Soberon: questo il loro mondo e il loro modo di essere artiste.
La mostra mira alla trasformazione dello spazio contestuale in cui viene concepita, annullando idealmente le pareti perimetrali e proiettando tout court lo spettatore nella dimensione naturale dell’esterno.
Interno ed esterno si fondono in un unico contesto per rimarcare il concetto di unicità del tutto, di universalità del rapporto uomo /natura e della ineluttabilità di questo legame. Da ciò deriva l’urgenza della sostenibilità della Natura, della sua salvaguardia e della sua protezione perché venendo a mancare una Natura sana, viene a mancare l’elemento di supporto fondamentale dell’essere umano. Il bilanciamento perfetto tra uomo e natura è l’unica modalità di sopravvivenza consentita nel nostro universo.
Uno sbilanciamento di uno dei due fattori rispetto all’altro conduce inevitabilmente alla distruzione di entrambi.
Occorre urgentemente agire per creare un rapporto più armonico tra essere umano e territorio che lo ospita: un territorio degradato non solo è nocivo per la salute fisica dell’uomo, ma comporta atteggiamenti, pensieri e azioni degradate.
Il degrado attira altro degrado: occorre interrompere questo circolo vizioso e adottarne urgentemente uno più virtuoso, occorre assumere la responsabilità di ogni minima azione umana rispetto al territorio.
L’arte con la sua estetica, con la sua bellezza mira ad innescare il circolo virtuoso e a promuovere pensieri ed azioni rivolte alla Bellezza. La strada è tracciata: basta percorrerla.